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Ciò che Chiara Cappelletti realizza nelle sue tele, in cui figure femminili e vegetali si corrispondono in uno scambio di armoniose affinità elettive, non si tratta di metamorfosi né di interpolazioni o di trasmigrazioni pittoriche tra due diversi mondi. La Natura, infatti, è unica e partecipa di entrambe. E’ di fatto illusorio credere che alberi e piante appartengano ad un ambito biologico diverso da quello umano, e che i loro “comportamenti” siano dissimili da quelli animali, genere umano incluso, come ben spiega nei suoi libri il botanico Stefano Mancuso. A somiglianza di quella degli uomini, la vita sociale delle piante non si limita al proprio regno, quello vegetale, ma travalica - molto più spesso di quello che si possa supporre - in quello animale che comprende, appunto, noi uomini. Chiara mette in luce, non scientificamente ma per la via della bellezza, questa relazione e interazione intensa che si fa ancora più forte perché tratta specificamente di un’umanità femminile. La connessione che si innesca tra questi due mondi, nello sfiorarsi ed accarezzarsi, nel chiedere e cercare risorse l’uno dall’altro, rende più potente il loro reciproco protendersi verso una comprensione profonda e spesso salvifica, vitalistica e guaritrice. Le scelte formali più idonee alla definizione di questo legame, la Pittrice le individua in una nitidezza precisa e incredibilmente attenta ai dettagli, tutti strutturalmente organici al pensiero che vi è sotteso: la solidarietà strettissima con la natura che però è anche segno e simbolo di una profonda identificazione con il proprio genere e con le connessioni di solidarietà che ne sono il portato.

 

Giovanna Grossato

 

 

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